venerdì 31 luglio 2015

Billy lo scrittore

Forse Billy pretendeva troppo dagli altri. Ogni volta che incontrava qualcuno che non aveva mai visto prima diventava diffidente, più di quanto non lo fosse già. Li scrutava da lontano, se era il caso scambiava con loro qualche parola ma sempre rimanendo sulle sue. Forse la cosa poteva apparire esagerata, però Billy era fatto così e come spesso ripeteva, alle poche fidate persone, cambiare atteggiamento ad una certa età era impossibile. 
Alla gente Billy piaceva, anche molto, e chi riusciva a conoscerlo bene rimaneva affascinato dal suo modo pacato di vedere la vita. Sì, parlava poco, molti lo ritenevano strano e perfino noioso.
Billy amava scrivere. Lo aveva capito in tarda età che con la penna riusciva veramente ad essere libero e leggero.  E allora ne aveva fatto un lavoro, che per lui era diventato uno sfogo, un modo per estraniarsi dalla realtà che faceva sempre più schifo. Nelle parole Billy riversava tutto quello che aveva dentro, ogni singola situazione che viveva si trasformava in storie. 
A Billy non era mai importato di ricevere  consensi e riconoscimenti. Aveva avuto pian piano la stima di chi pur rimanendo anonimo si ritrovava in qualche modo dentro le sue storie...
Ogni tanto andava in incognito ad assistere a qualche reading di poesia. Era per lui un modo per ricaricarsi e convincersi che no, non voleva essere come gli altri. 
Ai reading Billy assisteva in silenzio, spesso celandosi dietro ad un paio di occhiali dalle lenti fumè. Si mostrava interessato alle liriche che ognuno a turno snocciolava. In verità, Billy faceva attenzione al desiderio sgorgante e manifesto di quegli estranei che esibivano la loro bravura e le loro scritture, in un tripudio di assensi e gentilezze che a tratti sembrano assumere i contorni di un orgasmo...
Billy cercava di trattenere il sorriso motrandosi ancor più interessato e preso...
Si alternavano i personaggi al microfono. Ognuno di questi esibiva  il proprio curriculum letterario. C'era Giggi il poeta di strada, Sammy che si occupava di arti visive legate alla parola contemporanea d'oltreoceano. E ancora Federich, (non si sa se fosse il suo vero nome) l'ideatore del festival delle poesie riunite e Jonny, l'americano che veniva dalla provincia, lo scrittore di gialli d'oltremanica...Billy li guardava tutti con attenzione, recependo ogni sfumatura di quelle serate e di quei personaggi. Poi si alzava e si mostrava  interessato, insieme alle casalinghe ricche e colte, al nuovo libro del poeta Aamir, dal titolo: Il medioriente assilante di verità. Spazi epistemologici in vetta al K2. 
La gente era entusiasta del libro e delle poche righe che il poeta Aamir aveva decantato loro, facendo così aumentare la curiosità. Billy si mostrava felice di poter leggere il nuovo libro di Aamir...
Dopo aver fumato una sigaretta, rimanendo ancora un po' a guardare quelli,  come fa un visitatore di un qualsiasi museo,  andava via, camminando lentamente e ripensando a tutta la serata. 
Appena a casa, trovava quasi ad occhi chiusi la sua poltrona preferita, si sedeva un attimo guardandosi intorno, poi andava a prendere una birra ghiacciata in frigo e con la luce soffusa di una vecchia lampada cominciava a scrivere. Per tutta la notte. 

    

      Mrluis

sabato 4 luglio 2015

F. 124

Ogni giorno gustava in vestaglia con la solita calma il caffè, sempre nella stessa tazza e rigorosamente preparato con una vecchia caffettiera che conservava l'aroma intenso, quello giusto e familiare che piaceva tanto a lui. 
Ascoltava le prime notizie al tg delle 7: 30. Indossava quel cappotto di panno al quale era tanto affezionato. Guardava dalla finestra le nuvole in cielo e la coltre leggera di nebbia che di lì a poco sarebbe scomparsa. 
Faceva le scale con invidiabile scioltezza. Chiudeva il portone con le solite quattro mandate. Controllava la buca della posta e poi andava a prendere il giornale all'edicola sotto casa. 
A pochi passi c'era lei, che da anni lo aspettava paziente e immobile, che ci fosse il sole o la pioggia, che fosse in compagnia o solo, lei era li, infreddolita o accaldata, con la rugiada che piano si asciugava. Lui le dava un'occhiata girandoci intorno e col panno spolverava la carrozzeria. Poi si accomodava dentro ripetendo il gesto con lo stesso panno sugli interni e sul vetro. 
La mattina spesso lei borbottava quando lui girava la chiave per dare gas ma alla fine raramente lo aveva tradito. 
Accendeva la radio, metteva sulla solita stazione che trasmetteva vecchie canzoni e poi via. 
La strada era la stessa da anni e lei sembrava conoscerla a memoria, sapeva anche dove fermarsi d'un tratto, colpa delle candele umide o del carburatore che faceva le bizze. Lui con pazienza aspettava che lei si decidesse a riprendere la strada e così, con un po' di ritardo, arrivava a destinazione. 
Al club c'erano quei vecchi amici che già giocavano a scala quaranta. Lui scendeva, lasciando il giornale sul sedile e si dirigeva al bancone per il solito succo di mela verde. Fumava la sua prima sigaretta scambiando quattro chiacchiere col tipo di turno e si buttava nella mischia giocando fino ad ora di pranzo. 
Alle 12 salutava tutti. Ritornava da lei che aspettava sotto un albero e faceva la strada in senso contrario, osservando la vita frenetica nell'ora di punta. Prendeva il pane caldo che tanto gli piaceva poi dritto a casa per un pranzo spartano, un bicchiere di vino allungato con acqua, magari frizzante e il caffè alle 15 mentre leggeva il giornale.
Lei era lucente e senza un granello di polvere. Il blu sotto il pallido sole d'inverno brillava ancora. Riusciva quasi sempre a trovare lo stesso posto all'angolo sotto casa. 
La loro era ormai una storia che durava da molti anni. Ne avevano fatta strada insieme e anche se il peso degli anni si sentiva lui non aveva mai voluto lasciarla. Gli era affezionato come a poche cose...
Quel 16 dicembre mentre lei al solito lo aspettava coperta da un velo di neve, caduta la sera prima, in casa sembrava tutto fermo. Anche la luce non era accesa. Fu così fino al terzo giorno quando la donna delle pulizie, l'unica che costantemente andava a trovarlo, entrò in casa. Lui era nella solita poltrona, sembrava dormisse beato... 
Intanto passarono altri giorni che poi divennero settimane e lei non lo rivide più. 
Dopo qualche tempo sotto casa, senza che nessuno se ne preoccupasse, una mattina di buon'ora il nipote col tipo dell'officina accanto venne a prenderla. Caricò quella Fiat 124 del 66 sul furgone e via allo sfascia carrozze della città. 
Se ne andarono così, in silenzio e soli, senza neanche salutarsi. Dopo 40anni.


        Mrluis