lunedì 3 agosto 2015

Le notti insonni di Tom

Le 5:00. Tom sembrava avere un appuntamento fisso con quell'ora. Ogni giorno con puntualità svizzera Tom prendeva la strada del ritorno. Aveva l'andatura stanca e incerta di chi dormiva poco ed era sbronzo. L'alba era dietro l'angolo e il lungo viale deserto. Qualcuno usciva di casa per andare al lavoro. 
Il panificio all'angolo era in piena attività. Dalla porta semichiusa uscivano odori invitanti di dolci golosità. Tom guardava con la coda dell'occhio quei piccoli segni di risveglio, mentre accendeva per l'ennesima volta la cicca che ad ogni tiro si spegneva. 
La brezza mattutina era elettrizzante. 
Ogni alba era diversa per Tom, che ne aveva viste tante ultimamente. Da quando Doroty era andata via di casa, stanca di una routine che aveva preso il sopravvento e dei soldi che non bastavano mai. Tom aveva accettato la cosa sperando che arrivassero giorni migliori. Nel frattempo passava le giornate a giocare a carte e a ciondolare da un locale all'altro, brindando ogni volta con un amico sconosciuto e inventando ogni sera una storia diversa sul suo conto. Un giorno era un professore universitario, un altro un compositore di jingle per pubblicità più svariate. Altre volte un postino o un parrucchiere di vip non meglio definiti. 
A Tom piaceva la reazione che la gente aveva quando lui raccontava della propria ipotetica vita, edulcorata per ogni occasione con aneddoti bizzarri quanto a volte assurdi. Ma a quanto pare Tom era molto convincente e tutti rimanevano concentrati mentre lui raccontava storie di una vita probabilmente vissuta da altri...
Quando finalmente arrivava a casa Tom si gettava sul primo giaciglio che trovava. Il divano o il letto sfatto da giorni. Senza Doroty la casa era disordinata e impolverata ma Tom sembrava non farci caso...
Quel divano di velluto rosso era dannatamente caldo per quel periodo e del resto anche il letto non era da meno. La casa diventava un maledetto forno nel periodo estivo e Tom ogni anno soffriva di più. 
Il ventilatore sembrava faticare non poco cercando di smuovere quell'aria ferma. A destra e a sinistra cigolando di tanto in tanto. 
La testa di Tom girava, in un giro vorticoso di pensieri che in quella stanza, con le serrande semichiuse per celare la luce estiva della mattina, prendevano le strane sembianze gommose e pressanti di fantomatici demoni che facevano inevitabilmente sudare Tom.  
Le parole di Doroty andavano in loop nella testa di Tom. Quasi la vedeva, con le valige in mano vicino all' uscio di casa che ripeteva con la sua solita aria pacata ma decisa: "Tom io vado via, non ce la faccio più a vivere così. È una vita buttata e senza senso. Voglio andare via, lontano, lasciare tutto compreso questo misero posto. Tu non ti senti impazzire?" Chiudeva così, mentre Tom stava impassibile ad ascoltare, col bicchiere di soda e gin in una mano e il telecomando nell'altra. Tom sapeva che Doroty diceva la verità, che quella vita faceva davvero schifo ma lui non sapeva cosa dire in quei momenti e faceva finta che andasse tutto bene... Era proprio l'immagine di Doroty che andava via a farlo svegliare di botto da quel sonno che a fatica era appena  arrivato. Andava dritto in frigo, beveva dell'acqua e poi si versava il caffè della sera prima in un dito di latte... 
Le 5:00. Tom sembrava avere un appuntamento fisso con quell'ora. Con l'andatura stanca di chi era sbronzo e assonnato, Tom prese il primo bus che andava all'aeroporto. L'aereo partiva alle 7:00. Tom con la cicca che continuamente si spegneva guardava dal finestrino un altro giorno che iniziava, pensando a Doroty e alla sue parole.
 Accennando un sorriso si lasciava dietro tutto, pronto ad iniziare una nuova vita e magari poterla raccontare.  Così come tante volte aveva fatto in quelle notti di sbronze, raccontando al tipo di turno l'ennesima fandonia mentre vestiva i panni di qualche altro. 


        Mrluis

venerdì 31 luglio 2015

Billy lo scrittore

Forse Billy pretendeva troppo dagli altri. Ogni volta che incontrava qualcuno che non aveva mai visto prima diventava diffidente, più di quanto non lo fosse già. Li scrutava da lontano, se era il caso scambiava con loro qualche parola ma sempre rimanendo sulle sue. Forse la cosa poteva apparire esagerata, però Billy era fatto così e come spesso ripeteva, alle poche fidate persone, cambiare atteggiamento ad una certa età era impossibile. 
Alla gente Billy piaceva, anche molto, e chi riusciva a conoscerlo bene rimaneva affascinato dal suo modo pacato di vedere la vita. Sì, parlava poco, molti lo ritenevano strano e perfino noioso.
Billy amava scrivere. Lo aveva capito in tarda età che con la penna riusciva veramente ad essere libero e leggero.  E allora ne aveva fatto un lavoro, che per lui era diventato uno sfogo, un modo per estraniarsi dalla realtà che faceva sempre più schifo. Nelle parole Billy riversava tutto quello che aveva dentro, ogni singola situazione che viveva si trasformava in storie. 
A Billy non era mai importato di ricevere  consensi e riconoscimenti. Aveva avuto pian piano la stima di chi pur rimanendo anonimo si ritrovava in qualche modo dentro le sue storie...
Ogni tanto andava in incognito ad assistere a qualche reading di poesia. Era per lui un modo per ricaricarsi e convincersi che no, non voleva essere come gli altri. 
Ai reading Billy assisteva in silenzio, spesso celandosi dietro ad un paio di occhiali dalle lenti fumè. Si mostrava interessato alle liriche che ognuno a turno snocciolava. In verità, Billy faceva attenzione al desiderio sgorgante e manifesto di quegli estranei che esibivano la loro bravura e le loro scritture, in un tripudio di assensi e gentilezze che a tratti sembrano assumere i contorni di un orgasmo...
Billy cercava di trattenere il sorriso motrandosi ancor più interessato e preso...
Si alternavano i personaggi al microfono. Ognuno di questi esibiva  il proprio curriculum letterario. C'era Giggi il poeta di strada, Sammy che si occupava di arti visive legate alla parola contemporanea d'oltreoceano. E ancora Federich, (non si sa se fosse il suo vero nome) l'ideatore del festival delle poesie riunite e Jonny, l'americano che veniva dalla provincia, lo scrittore di gialli d'oltremanica...Billy li guardava tutti con attenzione, recependo ogni sfumatura di quelle serate e di quei personaggi. Poi si alzava e si mostrava  interessato, insieme alle casalinghe ricche e colte, al nuovo libro del poeta Aamir, dal titolo: Il medioriente assilante di verità. Spazi epistemologici in vetta al K2. 
La gente era entusiasta del libro e delle poche righe che il poeta Aamir aveva decantato loro, facendo così aumentare la curiosità. Billy si mostrava felice di poter leggere il nuovo libro di Aamir...
Dopo aver fumato una sigaretta, rimanendo ancora un po' a guardare quelli,  come fa un visitatore di un qualsiasi museo,  andava via, camminando lentamente e ripensando a tutta la serata. 
Appena a casa, trovava quasi ad occhi chiusi la sua poltrona preferita, si sedeva un attimo guardandosi intorno, poi andava a prendere una birra ghiacciata in frigo e con la luce soffusa di una vecchia lampada cominciava a scrivere. Per tutta la notte. 

    

      Mrluis

sabato 4 luglio 2015

F. 124

Ogni giorno gustava in vestaglia con la solita calma il caffè, sempre nella stessa tazza e rigorosamente preparato con una vecchia caffettiera che conservava l'aroma intenso, quello giusto e familiare che piaceva tanto a lui. 
Ascoltava le prime notizie al tg delle 7: 30. Indossava quel cappotto di panno al quale era tanto affezionato. Guardava dalla finestra le nuvole in cielo e la coltre leggera di nebbia che di lì a poco sarebbe scomparsa. 
Faceva le scale con invidiabile scioltezza. Chiudeva il portone con le solite quattro mandate. Controllava la buca della posta e poi andava a prendere il giornale all'edicola sotto casa. 
A pochi passi c'era lei, che da anni lo aspettava paziente e immobile, che ci fosse il sole o la pioggia, che fosse in compagnia o solo, lei era li, infreddolita o accaldata, con la rugiada che piano si asciugava. Lui le dava un'occhiata girandoci intorno e col panno spolverava la carrozzeria. Poi si accomodava dentro ripetendo il gesto con lo stesso panno sugli interni e sul vetro. 
La mattina spesso lei borbottava quando lui girava la chiave per dare gas ma alla fine raramente lo aveva tradito. 
Accendeva la radio, metteva sulla solita stazione che trasmetteva vecchie canzoni e poi via. 
La strada era la stessa da anni e lei sembrava conoscerla a memoria, sapeva anche dove fermarsi d'un tratto, colpa delle candele umide o del carburatore che faceva le bizze. Lui con pazienza aspettava che lei si decidesse a riprendere la strada e così, con un po' di ritardo, arrivava a destinazione. 
Al club c'erano quei vecchi amici che già giocavano a scala quaranta. Lui scendeva, lasciando il giornale sul sedile e si dirigeva al bancone per il solito succo di mela verde. Fumava la sua prima sigaretta scambiando quattro chiacchiere col tipo di turno e si buttava nella mischia giocando fino ad ora di pranzo. 
Alle 12 salutava tutti. Ritornava da lei che aspettava sotto un albero e faceva la strada in senso contrario, osservando la vita frenetica nell'ora di punta. Prendeva il pane caldo che tanto gli piaceva poi dritto a casa per un pranzo spartano, un bicchiere di vino allungato con acqua, magari frizzante e il caffè alle 15 mentre leggeva il giornale.
Lei era lucente e senza un granello di polvere. Il blu sotto il pallido sole d'inverno brillava ancora. Riusciva quasi sempre a trovare lo stesso posto all'angolo sotto casa. 
La loro era ormai una storia che durava da molti anni. Ne avevano fatta strada insieme e anche se il peso degli anni si sentiva lui non aveva mai voluto lasciarla. Gli era affezionato come a poche cose...
Quel 16 dicembre mentre lei al solito lo aspettava coperta da un velo di neve, caduta la sera prima, in casa sembrava tutto fermo. Anche la luce non era accesa. Fu così fino al terzo giorno quando la donna delle pulizie, l'unica che costantemente andava a trovarlo, entrò in casa. Lui era nella solita poltrona, sembrava dormisse beato... 
Intanto passarono altri giorni che poi divennero settimane e lei non lo rivide più. 
Dopo qualche tempo sotto casa, senza che nessuno se ne preoccupasse, una mattina di buon'ora il nipote col tipo dell'officina accanto venne a prenderla. Caricò quella Fiat 124 del 66 sul furgone e via allo sfascia carrozze della città. 
Se ne andarono così, in silenzio e soli, senza neanche salutarsi. Dopo 40anni.


        Mrluis

martedì 23 giugno 2015

Delirio # 2

Sentivo il sole accecarmi
ma era solo un puntino di luce
una lampada che lentamente si affievoliva.
Tu corri indietro e le porte si chiudono
Quelle candele sul sentiero
indicano la via maestra per il paradiso e l'inferno.
Fluttuo tra stanze di cemento gommoso
guardando dall'alto quelle sedie vuote
e gli altri  che cercano di afferrarmi
Le nuvole coprono il cielo e tra le ombre si perde la cognizione.
Tormente di vento muovono gli alberi
e l'orizzonte offuscato è humus per l'immaginazione
Impronte sulla neve tracciano il sentiero
e il freddo tagliente è ossigeno per la mente
ma le figure sul pavimento creano confusione
E mi alieno
Le tazze di caffè nero come pece
si svuotano lentamente
Antenne come  avvolti sulla mia testa
scandiscono i giorni
che passano come treni. 


     Mrluis



sabato 16 maggio 2015

Delirio # 1





Brucia il sigaro, solitario
Fumo e cenere,
sporca il divano di pelle sgualcita.
Quel gufo appeso alla parete,
sembra fissare  il vuoto.

Parla, quel tizio in tv,
ripetendo le solite fesserie.
Brucia il sigaro, lentamente
Fumo e cenere
Strade vuote

Interminabili silenzi,
pieni di nulla.

Quel tipo al microfono,
recita la propria parte,
col timbro profondo,
l'anima stropicciata
e la puzza sui vestiti

Brucia il sigaro
L'odore intenso pregna le pareti.
Riempire gli spazi,
diventa arduo.
Cucire gli strappi appropriati.

Rotolare dalla prima scala,
sembra qualcosa di geniale.

L'ultima bottiglia e poi smetto
Un'ultima boccata,
prima di partire.
La luce soffusa,
nasconde i difetti

Il ferro ben caldo,
elimina le pieghe,
solo per poco.
Il sigaro si è spento
Il fumo omogeneo
La cenere grigia,
che sporca il pavimento


       Mrluis

domenica 22 marzo 2015

Brindo col bicchiere vuoto

Brindo col bicchiere vuoto
Brindo con te che mi guardi bendata
Brindo ad un nuovo giorno di luce, 
tenendo le tapparelle serrate.
Brindo a noi che siamo in stanze separate.
A quel giorno in cui ti voltasti dall'altra parte ad un mio sorriso.
Brindo versando il vino per terra.
Brindo camminando,
con le spalle al muro,
mentre cerco di andar via in silenzio.
Brindo alle coincidenze volute
Brindo a quel tizio, che è proprio uno stronzo.
Brindo a quel disco davvero bello,
e al suo autore, davvero orrendo.
Brindo ai falsi, sgamati per tempo, con loro brindo due volte.
Brindo con la bottiglia ormai vuota
Vuota come l'anima
Vuota come un ritardo imbarazzante
Vuota come la parte destra del letto
Vuota come la sedia accanto alla mia.
Brindo posando il bicchiere sul tavolo, girando le spalle e spegnendo la luce.


         Mrluis